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Le Cronache di Narnia di C. S. Lewis

In questi giorni ho finito di rileggere Le Cronache di Narnia di Clive Staples Lewis, un libro che ho letto per la prima volta quasi dieci anni fa. Come la prima volta, arrivare alla fine delle quasi 1000 pagine non è stato difficile. Sarà per la semplicità dello stile, perché a me i libri fantasy piacciono (e anche parecchio), o perché è uno dei libri più scorrevoli che abbia mai letto, ma non mi sono nemmeno accorta di quanto in fretta ho accumulato pagine su pagine. Se in questi giorni avete finito i libri da leggere e avete voglia di svagarvi con una storia fantastica, è il libro che fa per voi! Buona lettura.

Trama (molto in breve): I sette libri raccontano le avventure di un gruppo di bambini nel reame di Narnia, dal giorno della sua creazione fino alla fine dei giorni, un luogo dove gli animali parlano, la magia è comune ed il Bene è in perenne lotta con il Male.

Il mio consiglio: Se dovessi scegliere qual è il mio preferito, vi direi senza esitazione Il leone, la strega e l’armadio! Oltre a essere il primo che Lewis ha scritto, è anche quello in cui compare un personaggio che ho adorato: il signor Tumnus! Ciò che per me lo rende speciale è la semplicità e lo stile da favola con cui presenta e affronta temi non così facili da trattare, legati soprattutto alla teologia cristiana, ma che non assumo il ruolo di protagonisti assoluti del romanzo. Il fulcro della storia resta sempre come i quattro fratelli Pevensie, Peter, Susan, Edmund e la piccola Lucy, e al loro viaggio nella terra di Narnia.

Piccoli estratti da “Il leone, la strega e l’armadio” di C. S. Lewis:

A Lucy le pellicce piacevano tanto: entrò nel vano e si divertì ad accarezzarle con la mano, ci strofinò il viso e trovò che avessero un buonissimo odore. Naturalmente aveva lasciato un’anta aperta, perché sapeva benissimo che entrare in un armadio e chiudersi la porta alle spalle è la cosa più stupida che si possa fare. Dietro la prima fila di pellicce ce n’era un’altra. Lucy fece qualche passo, tenendo le braccia tese in avanti: non voleva sbattere improvvisamente contro la parete dell’armadio. Un passo, due, un altro. All’interno era buio, Lucy non vedeva niente, e per quanto annaspasse con le mani non incontrava che il vuoto. “Questo armadione è semplicemente enorme” disse tra sé, continuando ad avanzare e scostando le pellicce per fare spazio. Poi cominciò a sentire qualcosa che scricchiolava sotto le scarpe. «Ancora naftalina?» si domandò, chinandosi per sentire con le mani. I polpastrelli rivelarono qualcosa di morbido, sottile come sabbia e freddissimo. «Molto strano, sembra neve» mormorò Lucy. Un attimo dopo sentì contro il corpo e il viso qualcosa di duro e ruvido, persino pungente. «Sembrerebbero rami d’albero» bisbigliò, sempre più sbigottita. E allora vide una piccola luce che brillava lontano, dritto davanti a lei. Lucy si rese conto che dove avrebbe dovuto esserci la parete di fondo dell’armadio c’erano invece alberi. Quello era un bosco, e nel bosco c’era un sentiero. Nevicava; era già buio e nevicava. Naturalmente, fu un po’ spaventata dalla scoperta, ma nello stesso tempo si sentì piena di curiosità e di una strana eccitazione che la spingeva a proseguire lungo il sentiero, verso la luce. Voltò la testa un attimo, e tra i neri tronchi degli alberi riuscì a vedere la porta spalancata dell’armadio. Vide anche un pezzetto della stanza vuota dalla quale era venuta: lì splendeva ancora la luce del giorno. «Se qualcosa non va, tornerò indietro» si disse Lucy, e puntò decisa verso il lumicino che brillava in lontananza. Sotto le scarpe la neve faceva cric croc. Dopo pochi minuti arrivò a un lampione. Si domandò a chi possa venire in mente di piazzare un lampione in mezzo al bosco, e proprio in quel momento sentì un leggero scalpiccio. Qualcuno veniva dalla sua parte… Verrà il tempo in cui due figli d’Adamo e due figlie di Eva libereranno Narnia dalla tirannia. Il dolore sparirà, quando Aslan comparirà;al digrignare dei suoi denti fuggon tutti i malviventi;quando romba il suo ruggito, gelo e inverno è ormai finito;se lui scuote la sua criniera, qui torna la Primavera
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