Le nocche mi fanno male ma non smetto di bussare. Prima o poi verrà ad aprirmi. Sua madre, che non lo vede da stamattina, è certa che sia entrato nel laboratorio sul retro della casa. Mi guardo indietro e la intravedo attraverso le tende della finestra della cucina, mentre mette a bollire l’acqua per il tè. Ricomincio a battere con più forza perché se mi fermo da loro per il tè del pomeriggio potrei non rispettare i termini del biglietto. Lo stringo nell’altra mano e mi accanisco contro quella tavola di legno. Coraggio! Quanto ti ci vuole per scendere? Dei tonfi rapidi e un “arrivo” ovattato mi fanno allontanare dalla porta prima che questa si apra verso l’esterno. Appena mi vede sembra sorpreso poi si sistema la camicia sfatta nei pantaloni e sogghigna. «Guarda chi si rivede!» Andy, il mio migliore amico e con il quale ieri ho litigato fino a dirgli di sparire, è davvero insopportabile e adesso mi deve delle risposte. «Non sarei qui se non fosse importante» lo sposto con una spinta e mi avvio su per la scala, verso il nascondiglio sopra la rimessa di suo padre. È un buco ma ha abbastanza spazio per contenere uno scaffale con gli attrezzi da lavoro, il tavolo e un divano dismesso. «E cosa ti avrebbe fatta uscire il giorno del tuo compleanno per venire da me?» chiede, seguendomi con passo calmo e lasciandosi andare sul divano non appena arriva di sopra. Altro che esercitarsi! Ha passato la mattina a dormire. «Questo» gli passo il biglietto, in attesa di una spiegazione. «Del tuo oggetto più caro mi sono fregiato. Catturato nella mia maglia, ho posto sulla sua cruna una taglia. Nei miei lustri enigmi, solitaria tu erri. Tieni a mente: il ticchettio si spegne nell’ora in cui i servi danzanti mostrano i loro ispidi manti» legge, con un braccio sotto la testa e le gambe accavallate. «Quindi?» «Ridammelo!» Allunga il braccio verso di me e mi mostra il pezzo di carta. «Tieni. Ma sei stata tu a darmelo per prima» «Non il foglio! Voglio il mio ciondolo!» «Il tuo ciondolo?» mi fissa stupito. «Cosa ti fa pensare che l’abbia io?» «Chi altro potrebbe averlo preso? Proprio oggi poi» Andy si mette a sedere, passandosi ripetutamente una mano nei capelli. «Senti, lo so che sei arrabbiata con me per quello che ti ho detto ieri e anche se sono convinto di aver ragione, non arriverei a tanto» si alza dal divano per mettersi di fronte a me. «Joanne credimi, non ti farei mai una cosa simile solo per ripicca» «Davvero?» adesso mi sento una sciocca. Il ciondolo di mia nonna è scomparso e sono corsa qui pensando che lo avesse rubato lui a causa di quello sciocco biglietto scritto come indovinello. Andy li adora, per questo ho creduto fosse il responsabile, ma è mio amico e sa quanto conti per me. Davvero, non farebbe mai una cosa simile. «Certo» mi rassicura, stringendomi le spalle. «Ora che facciamo?» «Facciamo?» «Non posso farti cercare il ciondolo da sola, proprio il giorno del tuo compleanno. Inoltre, chiunque l’abbia preso ha predisposto degli indovinelli da risolvere» gli occhi gli scintillano mentre si risiede sul divano. «Questo l’ho capito anche io, ma non so da dove iniziare» mi sistemo accanto a lui e fisso il foglio da sopra la sua spalla. «C’è anche una scadenza» «Oggetto rubato, richiesta di riscatto, numero di indovinelli e indizio dove poter trovare il primo, ma niente scadenza» sospira divertito. «Joanne fai proprio schifo con i rompicapi» «Come? E la parte sul ticchettio?» «Quella è l’indizio» mi mette il foglio tra le mani e indica la prima frase. «“Del tuo oggetto più caro mi sono fregiato”. L’oggetto cui tieni di più al mondo è il ciondolo a forma di ago di tua nonna. E questo è l’oggetto rubato» segna un uno con l’indice prima di proseguire. «Con “Catturato nella mia maglia, ho posto sulla sua cruna una taglia” ti chiede un riscatto, anche se non rivela cosa sia. “Nei miei lustri enigmi, solitaria tu erri”. Non penso che intenda “lucidi” quando dice lustri, perciò deve avere un secondo significato» «Un lustro equivale a cinque anni» è assurdo che intenda un periodo così lungo. «Esatto e qui è usato proprio come sinonimo di “cinque”, perciò abbiamo cinque indovinelli da risolvere» si gratta la fronte, dubbioso. «Il ladro sperava che arrivassi al primo da sola» «Lo capisci da “Solitaria tu erri”?» Annuisce, aggiornando il conto con le dita a tre. «Infine “Tieni a mente: il ticchettio si spegne nell’ora in cui i servi danzanti mostrano i loro ispidi manti”. Non può essere la scadenza perché altrimenti il gioco si fermerebbe qui e non avresti modo di proseguire. No, è l’indizio che ci porterà al punto di partenza» «“Danzanti” può riferirsi al ballo di stasera. Ho pensato che dovessi recuperare il ciondolo prima dell’arrivo degli ospiti» «I servi dagli ispidi manti è un po’ altisonante come definizione dei consiglieri ma non così sbagliata… A che ora è la festa?» me lo chiede rigido, perché è proprio per questo che abbiamo litigato. «Alle 19» lo sa a che ora è perché è invitato anche lui, ma finge di fare il superiore, come se per lui fosse una cosa sciocca festeggiare l’ingresso ufficiale nella comunità magica. «Perché un ticchettio dovrebbe fermarsi alle 19? Cosa significa?» Andy si strofina le mani nei capelli. «Posso dare per scontato che non parla di un vero orologio» Una lampadina scatta nella mia testa. «E se non fosse così? Forse parla di un vero orologio» raddrizzo la schiena e guardo attentamente il foglio. Un compleanno magico non è come tutti gli altri e il diciannovesimo anno è festeggiato in pompa magna perché è il momento in cui i poteri di una persona raggiungono il loro apice. A questo proposito, c’è una vecchia usanza durante i compleanni nella nostra famiglia, così antica e desueta che l’ultima ad averla vissuta è la mia tris nonna. Per esseri sicuri che la strega, o lo stregone, sia degno del titolo è obbligato a fermare con le proprie forze il moto di una vecchia pendola di fronte a tutti, pendola precedentemente stregata per non fermarsi mai. «Vieni! Dobbiamo andare!» scatto in piedi e volo giù dalle scale. «Cosa?» Andy è ancora sul divano quando io sono già sulla soglia, una mano stretta sulla maniglia della porta. «So dov’è il primo indovinello» Lo sento esclamare un’imprecazione solo perché sono stata io a capire l’indizio per prima, poi corre di sotto anche lui. Sua madre, vendendoci uscire, si fa avanti dalla cucina con una tazza tra le mani ma Andy le fa cenno di no con la testa. Lei alza gli occhi al cielo prendendo un sorso di tè. «Dove andiamo?» fuori dal giardino di casa si rassetta i pantaloni e la camicia della divisa. «A casa mia, no?» in breve gli spiego la tradizione del compleanno e della pendola che troneggia nella sala centrale da questa mattina e che ho notato solo uscendo. Il primo indizio è sempre stato sotto il mio naso e aveva ragione. Avrei potuto trovarlo anche da sola se mi fossi impegnata un po’ di più. Andy è un razzo quando corre, ma mi aspetta perché sa che ai miei non piace che mi sforzi per tenere il suo passo. Non ho esattamente un fisico atletico e gli sforzi eccessivi mi sfiancano, però cerco di non farci caso. È una prerogativa del ramo femminile della mia famiglia quella di essere fisicamente deboli, tant’è che sospetto sia colpa nostra se esiste il cliché del sesso debole, con ragazze cagionevoli e delicate. Avendo come parola d’ordine “segretezza”, il viale della nostra casa di campagna e il suo ingresso sono occupati da troppe auto e persone per passare inosservati. «Che si fa?» domanda, riparandosi dietro una siepe nell’istante in cui un’auto nera varca il cancello. «Di qua» gli faccio cenno di seguire la stradina laterale e silenziosi facciamo il giro dal retro, entrando in casa dalla sala lavanderia. Nessuno deve scoprire cosa stiamo facendo perché sarebbe un tremendo guaio se scoprissero che il ciondolo mi è stato rubato. Nessuno deve saperlo, men che meno i miei genitori, perciò sgattaioliamo verso la sala grande fermandoci ogni trenta secondi per non essere visti dal frequente via vai. Chi ha architettato tutto questo ha un pessimo tempismo, o senso dell’umorismo se crede che mettermi in difficoltà sia divertente, perché è impossibile non rischiare di incontrare qualcuno con tutta questa gente che va e viene per ultimare i preparativi. Per fortuna la casa ha molte nicchie e angoli ciechi. A pochi metri dal nostro obiettivo blocco Andy dietro una colonna, mentre il Sommo Mago entra nella sala accompagnato dai miei genitori. Dev’essere qui per l’orologio. «Dobbiamo distrarli. Se getta l’incantesimo sulla pendola, potremmo non recuperare il primo indovinello» «Lascia fare a me» estrae dalla tasca una biglia e la sfrega tra le mani. Lo sta ancora facendo quando al suo viso si sostituisce quello di suo padre. «Se non sapessi che sei tu, inizierei ad agitarmi» confesso, sorpresa dalla verosimiglianza dell’incantesimo. «Mi fa piacere» sogghigna. «Adesso vado. Tu vedi di recuperare l’enigma» Andy si allontana dal nostro nascondiglio e ricompare alcuni istanti dopo dall’altro lato della casa, davanti alla porta dove sono entrati i miei genitori. Bussa e dopo aver ricevuto la risposta, li segue all’interno. I minuti passano lenti e sento la casa fremere attorno a me, però non mi muovo finché non li vedo uscire; con le quattro sagome che si allontanano mi faccio avanti verso la seconda porta della sala centrale. Appena la varco mi prende l’ansia. Tutto è già sistemato e pronto per stasera, persino l’orologio, il cui pendolo oscilla a destra e sinistra. Con lo sguardo cerco una sedia e quando la trovo la trascino al centro della stanza, vi salgo e osservo il quadrante. Tic, tac. Tic, tac. Tic, tac. Il ticchettio si spegne nell’ora in cui i servi danzanti mostrano i loro ispidi manti. L’ora in cui dovrei fermare il ticchettio sono le sette di stasera ma non potendo aspettare sposto le lancette in avanti finché non le segnano. Spero accada qualcosa e miracolosamente il pendolo rallenta fino a fermarsi, emettendo un leggero suono. Un clic. Da l’impressione che si sia aperto un cassetto e smonto dalla sedia per controllare. Lo scomparto è lì, in vista proprio sopra il piedistallo dove poggia la colonna con il pendolo. Dentro, piegato in quarti, si nasconde un pezzo di carta. Lo afferro, richiudendo lo sportello segreto, e sto per risalire sulla sedia per aggiustare l’ora quando la porta alle mie spalle scricchiola. «Joanne» Andy, di nuovo con il suo aspetto, si affretta a raggiungermi. È rosso in viso e trafelato si allunga per aiutarmi a sistemare le lancette. «Non dovevi distrarli?» domando, stupita che sia qui. «Lo stavo facendo finché non arrivato mio padre. Ho rischiato che il Sommo Mago mi incenerisse» mentre racconta mi da una mano a scendere. «Dobbiamo andarcene. Ora!» Con Andy ad assistermi come una vecchia nonna iperprotettiva rimetto la sedia dove l’ho presa e ce ne andiamo nell’esatto secondo in cui i miei ricompaiono con il Sommo Mago e il padre del mio migliore amico. Salvi, anche se per poco. Di comune accordo ripercorriamo a ritroso la strada verso la lavanderia e poi in giardino, dove corriamo a perdifiato finché non raggiungiamo la strada che costeggia le proprietà e che è riparata dalle loro siepi. Sono piegata dalla corsa che abbiamo fatto fin qui per non essere scoperti; il respiro è spezzato e il fianco punge, ma mi sento bene. Ho il primo indovinello stretto in mano. «L’hai trovato?» Andy, sempre più rosso per lo sforzo, mi guarda mentre ancora riprende fiato, con le mani appoggiate alle cosce e la schiena curva. Sono anch’io nella stessa posizione, con la sola differenza che io non riesco a parlare per la fatica e così annuisco, mostrandogli un sorriso a trentadue denti. Davvero: potrei morire per quanto sono stanca e provata ma sono troppo felice perché accada. «Brava!» si raddrizza e allunga una mano. «Posso?» Prendendo fiato gli lancio il pezzo di carta e mi sposto dalla strada, andando a sedermi all’ombra di una siepe. «Primo tranello: ore di sonno reclama, ma solo può fare da lama; là dove la voce tace, nel tiepido fuoco dell’alta fornace, la seconda via mostra il passo verso la pace» recita, alzando un sopracciglio. «Ok» replico, allungando la “o” e fissandolo in attesa della sua illuminazione. «Ora dove cerchiamo?» «Prima dobbiamo risolvere questo» si accomoda accanto a me sospirando. «Vediamo un po’» Andy si mette a studiare l’enigma con occhi penetranti, quasi volesse bucare la carta con lo sguardo per liberarne i segreti. «Sono due parti distinte» afferma dopo qualche attimo. «La prima indica un oggetto o una persona che ti sarà utile, la seconda porta al prossimo indovinello» «Dove troviamo chi o quello che serve?» «Insieme al secondo indizio, credo» «Andy… L’“Alta Fornace” non è un oggetto dei creatori di artefatti?» mi sporgo verso di lui per poter leggere il biglietto. Sarò anche una schiappa con gli enigmi, però posso provare a risolverli con lui. «Sì, è la pietra con il fuoco magico che usa mio padre. Ho pensato la stessa cosa quando l’ho letto, ma non ha senso» «Cosa sai della pietra?» «Permette di creare artefatti. Un oggetto non può accogliere un incantesimo se prima non è stato scaldato con il fuoco della pietra» stringe il foglio tra le mani, rileggendo attentamente quella parte a mezza voce. «Ogni creatore ha la propria e più è potente, più la Fornace diventa calda. Qui è “tiepida”, perciò potrebbe indicare uno stregone non molto forte» «O un novizio. Anche tu hai la tua pietra, giusto?» «Sì, ma è un tizzone spento» i suoi occhi si illuminano. «Giusto! Sono io l’aiuto che avresti dovuto cercare» «Sicuro di non aver organizzato tu tutto questo?» glielo richiedo perché è una coincidenza fin troppo sospetta che sia coinvolto anche lui. «Solo un imbecille ruberebbe qualcosa per poi indirizzare il proprietario verso di lui» «Hai ragione ma il sospetto mi resterà finché non ci saranno prove sufficienti a scagionarti» Andy si alza sorridendo e mi afferra le mani per obbligarmi a fare lo stesso. «Coraggio, Poirot. Abbiamo un enigma da trovare e risolvere»
Poiché il racconto è diventato più lungo di quanto avessi previsto, sarà suddiviso in tre parti. Le prossime due saranno pubblicate Sabato 12 e 19, sospendendo quindi temporaneamente l’introduzione di nuove storie nella rubrica.
Questa riprenderà regolarmente Sabato 26 Dicembre.
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