Buongiorno e buon giovedì!
Accidenti, oggi è già arrivato dicembre! È passato velocissimo novembre!
Per iniziare l’ultimo mese di questo 2021, vi voglio parlare della quarta stagione, o del quarto volume, di Dear White People!
Titolo
Dear White People
Ideatori
Justin Simiens
Paese
Stati Uniti d’America
Anno
2017–2021
Genere
Comedy
Stagioni
4
Episodi
40
Lingua
Inglese
Cast
Logan Browning, Brandon P. Bell, Antoinette Robertson, DeRon Horton, John Patrick Amedori, Marque Richardson, Ashley Blaine Featherson
Dieci dopo essersi laureati, mentre il mondo è alle prese con una sempre nuova minaccia biologica che porta a dei lockdown programmatici e a incontri virtuali in chat, Sam e Lionel si ritrovano dopo non essersi parlati per anni. La prima però, che da anni cerca di ottenere credibilità come regista indipendente, è alla ricerca di un progetto capace di attirare l’attenzione e cosa meglio di un libro e di una serie tv in stile musical può attirarne a iosa?
Le serve tuttavia l’aiuto di Lionel, scrittore affermato grazie ai tre romanzi intitolati Dear White People Vol. 1, Vol. 2 e Vol. 3, il quale dovrà scrivere il tanto atteso Dear White People Vol. 4, che poi Sam adatterà per il piccolo schermo. Separati da anni di acredine e torti, il duo che tanto ha fatto per l’università sembra incapace di collaborare e il progetto non così vicino alla sua realizzazione, ma, ed è un grande ma, la possibilità di raccontare la loro versione di quell’anno memorabile fa mettere loro da parte le ritrosie per arrivare a una sequenza di interviste che richiama tutti gli studenti di colore (e in generale di una minoranza) coinvolti in prima persona nella realizzazione del Varcity Show, spettacolo storico dell’università da sempre organizzato da studenti bianchi e tenutosi per anni nell’edificio che porta il nome di uno schiavista.
Ma le interviste non portano tutte ai risultati sperati e all’idillio che si cerca di ricostruire, perché in quell’anno memorabile sono tante le cose che non sono andate per il verso giusto, tante le persone che hanno visto la loro esistenza cambiare proprio per le prospettive che l’ultimo anno ha dato loro sul futuro.
Narrata come una favola nello stile del C’era una volta…, con tanto di libro che si apre all’inizio della puntata, la stagione si alterna tra passato e futuro per ricostruire le storie e le prospettive di coloro che hanno portato avanti lo spettacolo di quell’anno. Si assiste a come ogni tassello del puzzle viene collegato agli altri, a partire da due dei poli su cui si è sempre concentrata la narrazione: Sam e Lionel. Tornati dopo una turbolenta estate al campus della Winchester, i due si trovano infatti a gestire l’ultimo anno di college tra dubbi sulle scelte fatte, opportunità da cogliere e le conseguenze inevitabili che gli eventi reali hanno sulla loro vita da studenti, a partire dal movimento del Black Lives Matter e la diatriba dell’affidare al dormitorio storicamente assegnato a studenti di colore lo spettacolo più razzista dell’intera università, oltre che focalizzato sul trasmettere gli ideali eterocentrici e sul fino del suprematismo bianco della cultura americana.
Dear White People, sin dal primo volume, racconta senza edulcorazioni gli aspetti meno nobili e più deprecabili della vasta cultura americana e, più in generale, dell’occidente. Pone l’accento su come classe dominante e minoranze (che in verità tali non sono) si interfacciano tra loro e vanno a costituire un grande malting pot eterogeneo, nel quale dovrebbero emergere per le loro singolari caratteristiche e contribuire allo stesso modo alla vita socio-culturale, ma che nella realtà vengono schiacciate da un muro i cui mattoni principali sono la concezione e la visione del mondo sotto una luce bianca ed etero-orientata.
Senza lasciarsi forviare dalla forma “semplice” – passatemi il termine, perché non vi è nulla in realtà di semplice in questa stagione – del musical, scelta per raccontare il passato dei protagonisti, e che è il nostro presente, Dear White People Vol. 4 punta sulla sostanza, andando a toccare temi già trattati in precedenza ma portandoli al culmine della parabola iniziata nel primo volume. In alternativa a un presente raccontato attraverso la musica degli anni Novanta, lontani ma lo stesso fonte di spunti narrativi e di riflessione, c’è un futuro caratterizzato da frequenti lockdown per ragioni sanitarie, da video chat dove aleggia la distanza sociale e adatta alla pandemia da Covid-19 che tutti abbiamo vissuto il modo di registrare la serie tv.
A parte i grandi temi che vengono trattati di puntata in puntata mentre i personaggi ricostruiscono il loro senior year, l’ultimo anno, quello che più mi è piaciuto di questa stagione è il messaggio finale, la chiusura data non solo al mondo dei personaggi e della serie tv, ma anche a tutto un insieme di tematiche che tutti dovremmo affrontare, soprattutto in periodi di (post)pandemia: non si fa nulla da soli, nei momenti belli e in quelli brutti si è sempre accanto a qualcuno ed è importante sostenersi a vicenda. Evitando gli spoiler, è anche il concetto di coralità (da qui l’idea del girare tutto come un musical) e comunione che porta ad affezionarsi alle storie di tutte le voci narranti della serie, andando proprio a scontrarsi con i grandi paletti sociali del suprematismo bianco e della visione eterocentrica (oltre che maschilista) che siamo, purtroppo, pressoché abituati a scorgere nel nostro mondo, una visione che peraltro non testimonia la varietà per la quale la nostra cultura (intesa come quella occidentale) si caratterizza e che dovrebbe in qualche modo esprimerne le diverse sfaccettature.
Mi mancherà questa serie, e mi mancheranno i suoi personaggi, soprattutto Reggie Green, il vero protagonista di tutte e quattro le stagioni!
Fatemi sapere se la guarderete! Federica 💋
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