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Dead Poet Society

La libreria di quartiere che hai sempre cercato.

Incastrata in un tranquillo angolo di Arlington, Virginia, la libreria a conduzione familiare Dead Poet Society è un gioiello d’altri tempi che rischia di andar perso per sempre.

 

Come l’ho scoperta?

Grazie al suo proprietario e al suo tentativo di fingersi qualcun altro per fregarmi.

 

Lasciate che ve lo racconti meglio.

 

Richard Solberg ha ritirato la libreria di famiglia e se n’è assunto la totale gestione circa sei anni fa, convinto che la clientela affezionata avrebbe impedito ai colossi delle e-commerce e alle grandi catene di rivenditori di segnare la fine dell’attività.

La sua è una storia come tante, e anche le difficoltà sono le stesse di altri milioni di librai costretti a fare i conti tra passione e guadagno, tra la bellezza di ciò che vendono e la paura di non arrivare a fine mese.

 

Non vi stupite: non c’è lieto fine per la libreria, perché lo scorso novembre è stata quasi ritirata dalla banca come pagamento delle rate del prestito contratto, indovinate un po’, per pagare stipendi arretrati e bollette. La parola chiave però è il quasi, perché la Dead Poet Society è stata salvata da Ian Crowling, che ha chiesto in cambio un solo favore a Mr. Solberg: assumerne l'identità durante il suo viaggio in Inghilterra, per stare lontano dai riflettori della stampa e, in particolare, di un giornale ben preciso. Il Femme.

 

Ma così non è andata, a causa mia. 

 

Ho rintracciato l’albergo di Crowling per ottenere una sua foto in esclusiva ed è lì che ho incontrato un uomo tanto affascinante quanto capace di imbrogliarmi. Di fingersi il nuovo proprietario del giornale, intenzionato a concedere al Femme un’occasione per restare aperto in cambio di un mese da passare in sua compagnia per strappargli un articolo esclusivo e liberarlo dalla presenza molesta degli altri giornali.

 

Ho stretto un patto con il diavolo per un articolo che, alla fine, non ho potuto scrivere.

 

Perché ho scoperto dello scambio di persona e del tentativo di imbrogliarmi, ma nello svelare l’identità del libraio di Arlington ho passato anche alcune giornate meravigliose, con un uomo speciale e nel luogo più magico che mi sia mai capitato di vedere.

 

Da cinica e realista quale sono, posso dirvi con sicurezza che varcare la soglia della Dead Poet Society è stata un’esperienza davvero fuori dal comune. Entrare nella libreria di Rick Solberg trasporta chi ama i libri e la lettura in un mondo fatto di calore e sicurezza. È un porto tranquillo dove trascorrere la giornata, in compagnia di un caffè e di uno dei magnifici donuts vegani di Clary’s (la pasticceria artigianale a meno di venti passi dalla Society, come la chiamano quelli del posto) senza fretta e sfogliando le pagine della “Lettura del mese”, il volume che Rick mette a disposizione dei clienti così che possano leggerlo per decidere se comprarlo o se aspettare la prossima proposta (la lettura di questo mese è il thriller Il re degli scacchi di Elinor Abrams, Old Style Publishing, n.d.r.).

 

La Society è il luogo dove tornare alla nostra infanzia e restare affascinanti dal Salotto dei bambini, un angolo dove si scorge tutta la passione che anima Rick e lo rende una calamita per ogni aspirante lettore, qualunque sia la sua età. Scaffali decorati dove i libri sono divisi per argomenti e non per generi,  tappeti e poltrone che permettono ai più piccoli di perdersi in avventure sempre diverse, storie che Rick interpreta e anima ogni martedì pomeriggio, trasportando tutti in un mondo fantastico da cui non si vorrebbe più uscire. Il Salotto è la libreria che tutti noi avremmo voluto nella nostra cameretta dell’infanzia, una che diventata realtà grazie all’amore di Richard per il suo lavoro e, soprattutto, per sua  nipote e la sua famiglia.

 

Ovunque si guardi, in quest’angolo di mondo a meno di un’ora da Washington D.C., si ritrova la gioia dello svolgere un lavoro che non deve solo permettere di arrivare a fine mese, ma per il quale “ci si alza dal letto la mattina con la voglia di fare meglio di quanto fatto il giorno prima”, per citare Rick, una descrizione perfetta di come ci si deve sentire quando si ama ciò che si fa. Un credo che porta avanti giorno dopo giorno con l’animo di un sognatore romantico, uno che è stato capace di superare persino la mia diffidenza per portarmi a vedere quanto speciale sia la realtà se solo ci si lascia andare a ciò che di meraviglioso può offrire.

 

Ho conosciuto Rick Solberg perché ha cercato di fregarmi, con tutti i problemi che ne sono derivati e i tentativi di scrivere un articolo che mi avrebbe permesso di salvare il Femme e tutta la redazione, tuttavia questo particolare incontro si è rivelato essere l’occasione perfetta per scoprire qualcosa di diverso. Non solo vi posso raccontare dell’esistenza di una libreria di quartiere che fa sognare a occhi aperti, un luogo magico come pochi, uno che regala emozioni e ricordi indimenticabili, ma ho toccato con mano qualcosa di molto più profondo, un cambiamento che mai mi sarei aspettata soltanto un mese fa.

 

Perché ho sempre creduto che tutti avessero un secondo fine, la vita fatta di persone attente più ai guadagni che ai sentimenti, un mondo cinico e incapace di sognare come spesso lo sono stata io. Ma non Rick.

 

Richard Solberg mi ha dimostrato un giorno dopo l’altro che si può credere nell’impossibile, che a volte l’amore può non sembrare abbastanza, però se ci si impegna con tutto il cuore può essere l’unico sentimento necessario a spingerci fuori dall’ordinario e a farci ottenere risultati insperati. L’amore a volte non è abbastanza, sono state le ultime parole che gli ho rivolto prima di smettere di parlargli, ma alla fine avevo torto. Perché amare significa volere il bene dell’altro prima del nostro, sentir battere il cuore a un ritmo diverso soltanto per aver pensato alla persona che ci scatena un tale assoluto e incredibile sentimento.

 

Rick mi ha dimostrato che amare vuol dire cercare di salvare a ogni costo un giornale come il Femme solo perché ne vale la pena, anche se significa correre il rischio di chiudere la libreria di famiglia, di devastare un pezzo del proprio cuore nell’estremo tentativo di tenere al sicuro il mio.

 

È ciò che sta accadendo in questi stessi giorni. La Society chiude per convincere Ian Crowling a non porre fine al giornale e alla mia carriera, uno scambio dove Rick perde tutto ciò per cui ha lavorato ogni singolo giorno: il tener aperto la libreria che ha accompagnato la vita di Arlington per quasi quarant’anni.

 

Ma questo sacrificio non può essere amore. È ingiusto e non posso permetterlo.

 

Perché lo amo.

 

In un mese, tra uscite e una volpina incontinente che ci ha rivoluzionato l’esistenza, mi sono innamorata di Richard Solberg, del suo animo romantico, della sua passione per i libri, per la Society e della cura con cui accoglie chiunque varchi la porta della sua libreria, compresa una giornalista arrabbiata con lui e pronta a rovinarlo, insieme a Ian Crowling, per essere stata imbrogliata.

 

Una giornalista che, su queste pagine e con tutta la riconoscenza che ha per voi lettrici e lettori per aver creduto nel Femme, è qui per chiedervi un favore personale: non lasciate che la Dead Poet Society chiuda.

 

Richard Solberg merita di avere successo, merita di veder ricambiato tutto l’amore che dimostra verso un luogo e delle persone per lui importanti anche da chi non lo ha mai sentito nominare prima.

 

Ve ne starete chiedendo la ragione, lo capisco, ma la risposta potete trovarla solo in un modo: entrate alla Dead Poet Society e lasciate che la magia di Rick Solberg vi cambi la vita.

 

Con me lo ha fatto.

Victoria Sharpe

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