Buongiorno a tutti!
Siamo già a metà settimana e torno a proporvi un racconto per la rubrica di scrittura creativa Storytelling Chronicles, ideata da Lara (La nicchia letteraria) e con grafica di Tania (My Crea Bookish Kingdom). Il terzo tema dell’anno prevedeva la presenza nel racconto di uno di questi tre elementi: un/una bambino/a, un colore a tinte pastello o un fiore! Per stavolta mi sono lanciata su un genere che amo molto, il romance storico, e spero che la storia vi piaccia!
Marcus Haynes, decimo duca di Colton, guardò nella stanza dei bambini e tirò un lungo sospiro. Le testoline bionde dei suoi due nipoti, un maschio e una femmina di nove e sei anni, si muovevano piano per seguire i movimenti delle mani della giovane donna che sedeva tra loro, un semplice abito da giorno viola ad avvolgerne la figura mentre lei intratteneva i bambini come aveva fatto ogni singolo giorno negli ultimi tre anni. Tre anni da quando sua sorella e il cognato erano deceduti in un terribile incidente in carrozza. Il marchese di Brury ora sedeva sulle ginocchia davanti ai suoi occhi, in attesa che la zia al suo fianco desse a lui e alla sorella il via libera per iniziare a scoprire quante più coppie di carte possibile. Marcus sospirò ancora e questo attirò l’attenzione di Elizabeth. La giovane alzò la testa e lo squadrò con i suoi perspicaci occhi verdi, un Vostra Grazia che brillò a mo’ di saluto in quelle distese senza fine mentre lui accennava a un fugace movimento del capo. Oltre ai suoi nipoti Thomas e Alicia, che ora si contendevano l’attenzione della ragazza, Marcus tre anni addietro era diventato il tutore legale della sorella di suo cognato, giurando così di garantire alla giovane lady un tetto sotto cui vivere e la certezza che, una volta terminato il lungo periodo di lutto, le avrebbe fornito i mezzi necessari ad affrontare una Stagione. Oltre alla dote da destinare al matrimonio. Ma a quello ci avrebbero pensato a tempo debito. «Non vorrei interrompervi» la voce gli uscì divertita, tanto quanto lo fu l’espressione che gli rivolse Elizabeth per la scelta delle parole, «ma mi chiedevo dove foste finiti tutti quanti.» «Zio Marcus!» Thomas e Alicia scattarono in piedi, raggiungendolo di corsa salvo poi fermarsi a un soffio da lui per eseguire inchino e riverenza. «Quando sei arrivato?» domandò il piccolo marchese, una copia perfetta del padre. «Giusto adesso.» Ricambiò il saluto formale e poi si abbassò su un ginocchio per abbracciare entrambi. «Un viaggio da Londra sostenuto a tempo di record, solo per vedervi.» «Resterai con noi più a lungo, questa volta?» Alicia gli strinse le dita in una presa forte e decisa, prima di ruotare la testa verso la giovane rimasta indietro. «Zia Lizzie convincilo tu.» Marcus osservò lady Elizabeth Whitmore avanzare verso di loro con una grazia innata, l’abito che rappresentava una vera novità dall’ultima volta in cui si erano ritrovati nella stessa stanza, mesi prima. Gli rivolse una riverenza, gli occhi che tuttavia non abbandonarono mai il suo viso per tutta la durata dell’inchino, e finì con lo schiudere le labbra in un sorriso dolce. Che rivolse ad Alicia. «Sai bene che Sua Grazia è molto impegnato, tesoro» bloccò la protesta della piccola con una carezza sul suo viso. «Ma noi gli siamo grati per tutto il tempo che riesce a dedicarci. Non è così?» «E io faccio di tutto per essere qui con voi, per quanto più mi è possibile.» Lizzie osservò i nipoti trascinare quell’uomo grande e spesso troppo serio accanto al tavolo dove avevano disposto le carte. Il duca tornava di frequente in campagna a trovarli, il loro unico contatto con il mondo esterno mentre vivevano le diverse fasi del lutto e imparavano a convivere con la loro nuova responsabilità. Ancora non credeva che suo fratello Alec non ci fosse più. Né che il sorriso amorevole di sua cognata si sarebbe spento tanto presto. Tre anni addietro aveva perso entrambi, così come li avevano persi il duca e i due bambini, che ora dipendevano dalle cure dello zio e dalle sue per volontà dei loro genitori. In quei tre anni lei e Sua Grazia si erano conosciuti davvero; in passato, aveva incontrato spesso Marcus Haynes, complice prima la sua amicizia con suo fratello Alec e poi l’avere Daisy Haynes per cognata, ma la differenza d’età di diversi anni non li aveva mai fatti avvicinare. Ci era riuscita la tutela condivisa dei loro nipoti Thomas e Alicia nella più tragica delle circostanze. Perciò, quando il suo sguardo si posò sulla sua figura aristocratica, il peso degli ultimi anni e dei loro cambiamenti le si assestò sulle spalle. Vivere lì, con i bambini, la duchessa madre e i suoi discorsi sul futuro, le aveva aperto gli occhi su ciò che l’attendeva. Su di lei gravavano delle aspettative, molto più pressanti di quelle legate al ducato di Colton, ed era giunto il tempo di prenderle sul serio in considerazione.
«Quindi, di cosa volevate parlarmi?»
Lizzie studiò il volto austero del duca, i tratti decisi resi affilati dalla chioma dorata, e sentì il coraggio scivolarle tra le dita.
Il pomeriggio e la cena con i bambini al loro stesso tavolo, impossibile in città, era stata un tripudio di racconti e risate. Thomas pendeva dalle labbra dello zio e cercava in ogni modo la sua approvazione, mentre Alicia ricordava sua madre ogni giorno di più, stregando tutti con la sua dolcezza. Quel pasto si era rivelato il più divertente degli ultimi tempi. Poi aveva chiesto a Colton di potergli parlare, dopo aver aiutato la governante a mettere a letto i bambini, e lui le aveva suggerito di raggiungerlo in biblioteca.
Soltanto che, ora che si trovavano faccia a faccia, faticava a esporsi. Si sistemò sulla poltrona davanti a lui e ascoltò l’orologio sopra il camino segnare lo scorrere inesorabile dei secondi in cui lei taceva. Aveva preparato un discorso, ero giunto il momento ormai, e tuttavia non riusciva a convincersi a parlare. Tutto perché Marcus Haynes, duca di Colton, la guardava con quei suoi occhi tanto azzurri da sembrare di vetro, così cristallini da ricordarle le distese del lago in Francia dove lei e suo fratello nuotavano da bambini. Tempi e una persona che non sarebbero tornati mai più. «Elizabeth?» Al suono del suo nome, un sussurro velato di incertezza e preoccupazione, Lizzie si riscosse e batté le palpebre. Il duca la teneva d’occhio come un falco, determinato e certo che presto le sarebbe accaduto qualcosa perché era pallida come un cencio. «Vi sentite bene?» «Sì, Vostra Grazia. Io…» esitò, insicura su come dovesse affrontare l’argomento. Di pancia, Lizzie, sempre di pancia. O così soleva ricordarle Alec quando la spronava a prendere il proprio posto nel mondo. «Io credo sia giunta l’ora.» La sua affermazione ferrea lasciò Marcus di stucco. «L’ora?» «Sì, è ora.» Annuì soddisfatta e poi fissò lo sguardo sull’uomo che avrebbe fatto le veci di suo fratello da qual momento in avanti. «Tre mesi fa ho terminato il periodo del mezzo lutto e anche se il ton sarebbe entusiasta di vedermi portare crinoline e merletti neri ancora per un po’, ormai ho ventitré anni. Devo trovare un marito, Vostra Grazia. È giunta l’ora che mi sposi.» Marcus faticò a reggere il senso di quelle parole. «Sposarvi?» ripeté e si accorse di averlo già fatto anche in precedenza, sentendosi un allocco per quel suo non saper trovare un modo meno umiliante di esprimere il proprio sconcerto. Si schiarì la voce e osservò la giovane seduta con la schiena dritta, i capelli castani acconciati in morbide onde che sfuggivano alle forcine. «Elizabeth non dovete avere fretta.» Lei scosse la testa e rise. «Con tutto il rispetto, Vostra Grazia…» «Marcus.» «Come, prego?» Uno stiletto infilzato nello stinco gli avrebbe causato meno dolore del suo tono incredulo. «Elizabeth, ero amico di vostro fratello e vi conosco da anni. Potete anche chiamarmi Marcus.» E che lo facesse se dovevano affrontare il discorso sul suo possibile matrimonio gli sembrò di vitale importanza. «Marcus» concesse con un cenno del capo e lui sentì una corda vibrargli nel petto. «Con tutto il rispetto, ma voi siete un uomo, un duca per giunta, e non mi aspetto che capiate le mie esigenze.» «Le vostre… esigenze?» Buon Dio, quella conversazione avrebbe potuto metterlo ancor più in ridicolo di così? E cos’era quella novità di cui parlava? «Esigenze, sì. Sono una donna nubile di ventitré anni, abito nelle vostra dimora e approfitto della vostra gen…» Lui provò a protestare ma lei lo bloccò con un cenno secco della mano. «Approfitto della vostra generosità e di quella di vostra madre da tre anni ormai. La società si aspetta che, ora che il lutto è terminato, rientri in città e inizi a guardarmi attorno alla ricerca di un buon partito.» «Primo» Marcus la inchiodò con lo sguardo per essere certo che comprendesse. «Voi non vi state affatto approfittando di noi. Alec e Daisy hanno nominato entrambi per la cura dei loro bambini e vostro fratello vi ha affidato alla mia tutela legale per darvi la sicurezza di poter agire sempre secondo il vostro giudizio e utilizzare i soldi a voi destinati come più ritenete opportuno.» Aveva mantenuto la promessa fatta al cognato, offrendole un tetto a Haynes Manor solo perché così lei, i nipoti e l’anziana madre avrebbero goduto dei reciproci supporto e compagnia. E perché sperava che la sua presenza alleviasse il peso di un’assenza comunque sentita. «Secondo» proseguì e addolcì voce e sguardo, «mia madre sarebbe lieta di confermare che avervi qui con lei è fonte solo di gioia e di nessun tipo di incomodo. Terzo, per quanto vi riguarda, le aspettative della società e del ton devono essere il vostro ultimo pensiero, Elizabeth.» Lei intrecciò le dita in grembo, mascherando una smorfia con un sospiro. «No, purtroppo, ma capisco che voi, come duca, non condividiate la pressione cui sono sottoposta. Non ho mai avuto una Stagione, Marcus. Dopo il mio debutto, ho portato il lutto per mio padre e, a un mese dal termine, l’ho indossato per mio fratello e sua moglie. Ho quasi l’età di una zitella e devo trovare marito. Devo.» «Ma perché?» Perché non posso restare in questa casa un giorno di più. Ma questo Lizzie non poteva confessarlo ad alta voce, soprattutto non davanti allo sguardo sincero con cui Marcus cercava di comprendere le sue motivazioni. Il viso del duca le ricordava che lì era un’ospite, gradita certo, ma pur sempre ospite, che tutto ciò che restava della sua famiglia era una madre oltremanica e dei parenti di cui non ricordava il nome. «Voglio uno scopo, una casa da gestire e da riempire di vita.» «Fatelo qui» le suggerì e sorrise come se avesse risolto il problema. «Mia madre apprezzerà di certo un po’ di riposo. E voi avrete l’ultima decisione su tutto quel che riguarda la vita di tutti i giorni.» Se non fosse stata decisa ad averla vinta, avrebbe alzato gli occhi al cielo e avrebbe lasciato cadere il discorso. «Voglio una casa mia, Marcus, non che mi venga concessa.» Senza contare che, non appena avesse deciso lui di cercar moglie, la sua presenza sarebbe divenuta ingombrante, anche se nella tenuta di campagna. «E i bambini? Li lascerete qui e sentiranno la vostra mancanza.» Il cuore di Lizzie tremò. Sì, lì aveva i suoi nipoti, ma presto anche quello le sarebbe stato portato via. «Thomas andrà a scuola, il prossimo anno, e Alicia ha bisogno di un’istitutrice che l’aiuti meglio di quanto io non possa fare. Come sapete, ho ricevuto un’educazione… particolare.» Marcus si aprì a un sorriso. «I bambini mi hanno spiegato il gioco con le carte da accoppiare. E quello con i tasselli di legno e gli incastri.» «Memoria e logica. Mia madre crede siano abilità ben più utili del saper cucire e cantare.» Ma pessime per trovare marito. Lizzie serrò le dita e raddrizzò la schiena. L’avrebbe avuta vinta. «Devo sposarmi, Marcus. Ho atteso fin troppo.» E non avrebbe lasciato passare altro tempo.
«Cos’ha detto zia Lizzie, che vuole sposarsi?» Thomas venne zittito dalla sorella mentre entrambi spiavano gli zii dalla porta socchiusa della biblioteca. «E con chi?» «Ssh!» intimò Alicia, salvo poi guardarlo come se fosse un povero sciocco. Ah, i maschi. «Ma con un gentiluomo, no? Un principe azzurro che la ama alla follia.» «Io non conosco nessun principe. E nemmeno zio Marcus.» Come se solo nominandolo avesse evocato un eroe, il viso di Thomas si accese. «Lo zio è un duca. Vedrai, lui la terrà lontana da certi strani principi.» Sua sorella lo osservò poco convinta. «Se zia Lizzie ha deciso di sposarsi, lo farà. Ma poi non vivrà più con noi.» «Perché?» Alicia sbuffò. «Perché avrà una casa tutta sua, un marito e dei bambini di cui occuparsi.» Gli adulti che li accudivano nel frattempo si osservavano in silenzio, ognuno troppo certo che l’altro non comprendesse l’importanza dell’attesa e del tempo sprecato quando si trattava di un affare importante come il matrimonio. Thomas era convinto che a tutto potesse esserci una soluzione molto semplice, una che avrebbe concesso a sua zia di sposarsi e di restare con loro. Osservò quei volti seri e poi sfiorò la spalla della sorella. «E se zio Marcus la sposasse?» Alicia arricciò il nasino, ma dall’alto dei suoi sei anni lasciò che quell’idea si allargasse tra i suoi pensieri e le diede una possibilità di mostrarle come sarebbe stata la loro vita se i loro zii si fossero sposati. Un timido sorriso le affiorò alle labbra, si espanse agli occhi e lo indirizzò alla scena oltre la soglia. «Sono convinto che non dobbiate avere fretta» sentì Marcus dire, gli occhi ridotti a fessure che non si staccavano dalla ragazza davanti a sé. «Siete giovane, Elizabeth.» «Non abbastanza» si impuntò lei, le braccia serrate al petto. «Quando tornerete a Londra, verrò con voi. Avrò la mia Stagione, Marcus, che siate d’accordo o meno.» «Molto bene. Ma mia madre e i bambini ci accompagneranno» borbottò. «Voi avete bisogno di una chaperon ed è ora che anche Thomas e Alicia conoscano la vita della Capitale.» Fratello e sorella si guardarono e a un cenno d’intesa sgattaiolarono di nuovo di sopra, verso le camere da letto. Presto sarebbero tutti partiti per Londra e avevano un piano da organizzare se volevano realizzare il loro obiettivo.
Spero che questo mio nuovo esperimento vi sia piaciuto (mi sa che torneranno, prima o poi) e vi aspetto nei commenti per sentire la vostra opinione ❤︎
Federica 💋
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