Buongiorno đ e ben arrivato giugno, mi vien da aggiungere!
Approfittando di una breve pausa tra gli esami, oggi (e forse domani) riesco a pubblicare qualcosina! Ă un racconto per Il Club di Aven di questo weekend, a tema âQuesta solitudine mi sta uccidendoâ. Spero vi piaccia come lâho rielaborato!
Chiara restò a fissare la porta del loro appartamento. Restò impalata a lungo lĂŹ davanti, le dita strette attorno alle chiavi, tanto da sentirne i denti affondarle nella pelle. Quel dolore era tutto ciò che ancora la sosteneva. Se non fosse stato per quelle tre chiavi si sarebbe lasciata andare giĂ da mesi. Si era ripetuta molte volte che sarebbe stata in grado di andare avanti senza di loro. La convinzione che una vita senza Kevin e Charlotte fosse piena di possibilitĂ era diventata il suo mantra. Si era buttata a capofitto negli studi, per preparare la tesi e laurearsi, pur di non pensare al vuoto che quelle due persone sconosciute avevano lasciato nella sua esistenza. Nel suo cuore. E ci era riuscita. Fino a quel giorno. Prese un respiro profondo. Si fece forza piĂš che potĂŠ, infilando la chiave nella toppa. La serratura scattò di colpo, uno sparo inatteso che la lasciò sconvolta. Non aveva nulla per cui sorprendersi; sapeva che se nâerano andati tre mesi prima, che la casa era rimasta vuota e silenziosa da allora. Eppure il pensiero le suonava estraneo, sbagliato. I primi passi nellâappartamento furono un sogno e un incubo insieme. La sua mente e il cuore rivedevano tutti i giorni che vi aveva trascorso; le sembrava di sentire il respiro trattenuto di Charlotte quando voleva sorprenderla, sbucando allâimprovviso da dietro il mobile allâingresso. Per un terribile istante le parve che anche la risata di Kevin fosse tornata ad avvolgerla. Poi arrivò la ragione e tutto tornò a farsi silenzioso. Lâodore di chiuso permeava la casa, il buio nascondeva i mobili ed era impossibile che fossero rimasti quei brandelli del passato, fantasmi ancorati a un luogo che era stato abbandonato senza rimorsi. Si mosse con sicurezza, la luce lasciata spenta di proposito per non ritrovare nulla. Non voleva la familiaritĂ , perchĂŠ la certezza di ricordare dove si trovasse ogni cosa, pur senza vederla, bastava a farla sentire triste. La solitudine provata in quei mesi le era piĂš che sufficiente. Aggiungerne dellâaltra lâavrebbe uccisa. Quindi avanzò tra le ombre, scivolando veloce per non cadere nella tentazione. Tutto ciò che la circondava si era impregnato della gioia e della felicitĂ vissute lĂŹ dentro, due emozioni svanite dalla sua vita per colpa di una telefonata. Non voleva rivederle e affrontare la realtĂ . Era attorniata da tutti gli oggetti che avevano assistito alla sua stupida resa. Avevano il potere di rinfacciarle quanto fosse stata ingenua a innamorarsi di un uomo appena conosciuto. Potevano riportare a galla i frammenti rimasti del suo cuore spezzato. PerchĂŠ il suo amore per Kevin non era il solo a svuotarla. Incontrando lui, Chiara aveva aperto il proprio cuore a due persone, trovando in una bambina di nemmeno quattro anni una parte della propria anima. Amava Charlotte incondizionatamente e con unâintensitĂ tale da spaventarla. Da quando se nâerano andati, avvertiva la sua mancanza con unâacutezza che le toglieva il respiro, quasi le avessero strappato il suo stesso cuore dal petto. Non si spiegava quella sensazione, lâidea che le fosse stata portata via una parte di sĂŠ. In fondo, la piccola Lotte non era sua figlia, nĂŠ lei desiderava prendere il posto di sua madre. Chiara era, e sarebbe rimasta, sempre e solo la sua baby-sitter. Eppure, senza accorgersene, aveva iniziato a volerle bene in modo diverso, piĂš profondo. E lo aveva fatto anche con il padre di lei. Entrambi si erano trasformati in una parte fondamentale della sua esistenza. Si accorse, con disappunto, che lo erano ancora. CapĂŹ che lo sarebbero sempre stati. Poteva ignorare il dolore, il vuoto; poteva ascoltare la ragione e accettare che era giovane e si sarebbe innamorata di nuovo. Poteva fingere che le stesse bene sapere di aver perso di fronte alla madre di Charlotte. Ma la veritĂ era che non ci sarebbe mai riuscita, non sul serio. PiĂš si ripeteva che Lotte aveva bisogno della sua mamma e non di una baby-sitter, meno ne era sicura. La gelosia la faceva sentire egoista. Quella donna li aveva abbandonati entrambi, li aveva fatti soffrire, ma le era bastato alzare il telefono per riavere la vita da cui era scappata. Una vita che Chiara sarebbe stata ben felice di accettare per sĂŠ. E mentre la rabbia e la gelosia la divoravano, la solitudine congelava il suo cuore e la sua mente. Si era allontanata dalla veritĂ per sopravvivere. Però capĂŹ che non aveva portato a nulla. Chiara si sentĂŹ sola e vuota, chiusa, abbandonata a se stessa proprio come quella casa.
Grazie per essere stati un poâ con me!
Buona giornata Federica đ
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