Buonasera đ
Questo racconto partecipa al âGioco di Avenâ, una challenge di scrittura collegata a Raynorâs Hall! Il tema era âTestarossaâ. Spero vi piaccia đ
Le labbra del suo avversario si aprirono in un ghigno sadico. Il ragazzo si pulĂŹ la bocca, sputando sangue nellâarena come le decine di pretendenti che prima di lui vi erano caduti. Le costole gli dolevano per i colpi ricevuti, un brutto taglio sanguinava sullo zigomo; era malconcio dopo soli pochi minuti. Aveva sfidato la sorte, saltando giĂš dagli spalti con le urla del suo maestro dâarmi nelle orecchie a ordinargli di non farlo. Disobbedire a un ordine diretto significava essere puniti ma il suo re stava guardando il contendente appena abbattuto con lo sguardo sprezzante di chi riconosceva la debolezza e la disprezzava; poi gli occhi del suo sovrano si erano posati su di lui e si era sentito marchiare a fuoco. In quellâistante aveva preso una decisione: nessuno lo avrebbe mai piĂš guardato in quel modo, nĂŠ il re, nĂŠ nessun altro. Il combattimento a mani nude era impari. Il gigante davanti a lui apparteneva alla Legione Nera, lâordine piĂš letale del regno, mentre lui non raggiungeva nemmeno le sue spalle. Era piĂš basso, esile, ancora nellâetĂ dello sviluppo, e non altrettanto forte; però era giovane, veloce e, soprattutto, furbo. Lâastuzia era la sua arma migliore e lâavrebbe sfruttata a suo vantaggio. Il soldato ululò e il pubblico sugli spalti scoppiò in risposta, acclamando il campione. Ma il ragazzo non smise di osservarlo, di controllare i suoi movimenti e fu allora che vide ciò che cercava. Uno spiraglio. Iniziò a correre, diretto verso il nemico, e ad un passo dallâessere afferrato si lasciò scivolare sulla sabbia, tra le gambe tozze e in movimento dellâaltro. Quando gli fu alle spalle, piazzò un calcio ben assestato nellâincavo delle sue ginocchia. Lâomone cadde e il ragazzo gli fu addosso, usando se stesso come leva per farlo sbattere in avanti, la faccia affondata nella sabbia putrida. Ogni articolazione scricchiolò quando gli avvolse un ginocchio attorno alla gola ma non esistette dolore capace di farlo desistere; strinse la morsa attorno a quella trachea spessa come una sua coscia e lo costrinse a terra con tutto il peso del suo corpo. La schiena sotto di sĂŠ sgroppava, un cavallo restio a lasciarsi domare, e gocce di sudore gli appannavano la vista. Era giunto al limite delle sue forze. Ma non mollò mai la presa. Poi il soldato della Legione Nera si rilassò. Smise di opporsi, la gamba del ragazzo che adesso stringeva senza piĂš alcuna resistenza da parte dellâavversario. Era svenuto e lui poteva anche alzarsi, ritirarsi come vincitore pur risparmiando quella vita. Tuttavia le regole dellâarena erano chiare: due contendenti, un solo sopravvissuto. Conosceva i rischi della disobbedienza ma quando alzò la testa per annunciare la sua decisione, vide che il re lo stava ancora guardando. Quegli occhi riconobbero in lui una debolezza e lo disprezzarono per quello. CosĂŹ il ragazzo mantenne la presa, non lasciò andare il suo nemico nemmeno una volta nei lunghi minuti che la vita impiegò ad abbandonare quel corpo. Gli occhi del giovane rimasero fissi in quelli del suo sovrano per tutto il tempo, una muta sfida che si concluse con un cenno compiaciuto dellâuomo piĂš anziano. Quando alla fine il collo si spezzò con un tocco sordo, solo il ragazzo potĂŠ sentire quel suono. Si propagò nel suo corpo e decimò ciò che ancora restava della sua umanitĂ . Alzandosi da vincitore, gli spalti lo acclamarono a gran voce con il suo nuovo titolo. Redhead. Redhead. Testa-rossa. Era entrato nellâarena come ragazzo e ne era uscito da assassino. Prima era un semplice principe, ora era anche la mano armata invisibile del suo sovrano. Era Testa-rossa, da quel giorno e per sempre. Lâunico erede al trono del regno di Dres ne era appena diventato anche il piĂš spietato omicida.
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