Buongiorno 😊 e buon inizio settimana!
Ritorna Il Club di Aven, un evento Facebook al quale si può partecipare scrivendo un racconto a tema. Questa volta le tracce da poter seguire erano due: “Inseguimento/essere inseguito” & “Fino al punto di rottura”! Questo racconto ne è la mia re-interpretazione. Spero vi piaccia 😊
Oltre le finestre la cittadella splendeva, lucente e forte come in pieno giorno. Si era svegliata di soprassalto, intontita dal sonno e dalla sua tenera età, ma la bambina aveva capito presto che quelle luci splendenti avevano l’origine più oscura che potesse concepire. Erano fiamme, fuochi e incendi che devastavano le scoscese vie di Samaris, le sue case e i suoi poveri abitanti. Ogni angolo della Città-forziere era avvolto dall’inferno scatenato dall’uomo, sovrastato da un cielo nero di fumo e schiacciato da una coltre di suoni stridenti e minacciosi. Le mura erano cadute. L’assedio era finito. E lei fece ciò che le era stato inculcato in quei mesi. Cominciò a correre. I corridoi del palazzo serpeggiavano di grida e di comandi imperiosi, di passi mostruosi e del cupo clangore del metallo. Gli incubi della sua fugace infanzia si erano manifestati nella realtà, piombando nella notte tenebrosa per inghiottirla. Calde lacrime di terrore le disegnavano il viso, eppure la bambina proseguì lungo la strada che le era stata insegnata senza mai fermarsi. Dentro di sé aveva la dolce voce di sua madre, la guida che le stava permettendo di non lasciarsi vincere dalle paure. «Se dovesse accadere» le aveva sussurrato una notte, dopo l’ennesimo sogno di distruzione che l’aveva lasciata urlante e scossa nel suo letto. «Tu sai cosa fare. Devi raggiungere più in fretta che puoi il Tempio Sacro e lì ci troverai. Lì saremo tutti al sicuro» I suoi piccoli piedi volavano sul freddo pavimento, passi silenziosi impossibili da rintracciare nel frastuono di una battaglia ormai sempre più prossima a raggiungerla, mentre con gli occhi e il cuore la bambina registrava immagini terrificanti, gesta mostruose che vibravano nell’intenso colore di quelle fiamme sempre più alte nel cielo. Tutto bruciava dello stesso colore di morte, una tavolozza di due sole tonalità: il rosso delle fiamme, dei vessilli nemici, del sangue versato che imperlava le pareti; e il bianco spettrale della sua tunica da notte, dei volti immobili di coloro che aveva visto sorridere, vivere nel palazzo. Il suo mondo di bambina stavo morendo e lei proseguì per la sua strada. Lungo i corridoi, e le scale, e i passaggi della servitù; superò porte dietro le quali inutili suppliche erano seguite da penetranti silenzi e alcove dove giacevano scomposte le armature indossate dagli uomini della guardia, prigionieri immobili al loro interno. Vide e si lasciò alle spalle ognuna di loro, sgusciando lungo i muri finché non arrivò all’intersezione che l’avrebbe condotta alla salvezza. Il suo piccolo corpo tremava per la fatica, per il terrore, ma provò solo sollievo quando svoltò l’ultimo angolo e si ritrovò nell’area sacra del palazzo. In quell’ala tutto taceva, e solo un leggero eco di quella devastazione sembrava raggiungerla, ora che era quasi arrivata. Ma ben presto un corno suonò. Le orecchie della bambina furono soverchiate da quel suono nefasto. Colò su di lei come olio, inondandole gli occhi, le narici, la gola, privandola dell’aria. I mostri erano in agguato, l’avevano vista e adesso era la loro nuova preda. Le urla tra le alte pareti di marmo incombevano su di lei, fameliche iene al suo inseguimento, mentre la bambina sfilava tra due file parallele di statue. Lunghe ombre si disegnavano sui volti degli dèi e delle dee immortali, rendendo i loro tratti severi, un ammonimento al non violare la sacralità della loro dimora quando gli aggressori iniziarono a depredarla. I bracieri dalle lunghe gambe tortili caddero, spargendo un tappeto incandescente alle spalle della bambina, su cui le offerte della città trovarono la loro condanna, la fine esemplare per le speranze che, da ore, si trasformavano in fumo anche fuori da quelle mura. Tuttavia nel petto della piccola un battito ruggì ancora alla vista del Gran Sacerdote, con il Primo Generale e il gruppo di soldati che la attendevano nel tempietto interno, accanto all’altare d’alabastro. Quegli uomini coraggiosi le andarono incontro e respinsero coloro che inseguivano l’ultima vera luce del regno, chiudendo gli invasori al di fuori del grande portone istoriato. «Vostra Altezza» Il Gran Sacerdote accolse la bambina tra le ampie maniche della sua tunica e ve la avvolse, asciugando le lacrime sul suo volto innocente. «Grazie agli dèi, siete qui. Presto, dobbiamo lasciare il palazzo e Samaris» «No» la bambina si spinse lontano dall’uomo, nascondendo la mano quando lui cercò di afferrarla. «Non finché non arriveranno i miei genitori» Gli occhi di lui si adombrarono. Una lunga ruga solcò il suo viso dal naso al mento quando storse le labbra. «Le Loro Maestà non verranno» «Sì! Sì, invece» urlò, la voce acuta spezzata dal dolore e dal terrore di quelle parole. «Hanno promesso. Al Tempio Sacro, hanno detto. Loro arriveranno» L’uomo scosse la testa, tornando ad avvolgerla nel suo abbraccio. «Avrei voluto avere il tempo necessario a prepararvi meglio, Vostra Altezza. Re Yas e la Regina Odeanna sono stati uccisi. Samaris è caduta, Maestà» Quel titolo stritolò il cuore della piccola, una bestia feroce che razziò ogni emozione da quel piccolo corpo stanco. Si lasciò andare, cadendo tra le braccia del Gran Sacerdote in una stasi di apatica sofferenza. Le mura erano cadute. La città, il palazzo e l’intero regno erano stati conquistati. I suoi genitori erano morti. I mostri avevano abbandonato il regno dei sogni e avevano invaso il mondo degli uomini. Tutto in una sola, terribile, lunga notte.
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