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Crossberry Park [Parte 2]

Buongiorno e buon lunedì!

Come si può notare, ultimamente sparisco spesso… Ci sto provando a essere presente, ma gli impegni non aiutano 😞  Perciò ho idea che per un po’ sarà così. Pubblicherò quando potrò, incrociando le dita affinché sia spesso!

Oggi voglio proseguire un racconto di qualche settimana fa: Crossberry Park. La storia vede protagonista Jane Yates, giovane direttrice di una scuola inglese sull’orlo del fallimento, e Edmund Crowling, proprietario dell’edificio e del terreno su cui sorge l’Accademia di Crossberry Park. Nella prima parte racconto, Jane ha cercato di scampare all’incontro con l’uomo per non dover ascoltare i suoi piani di chiudere la scuola e liberarsi così di un investimento fallimentare. Intercettata, tuttavia, da Edmund e messa di fronte alla sua intransigenza, la direttrice si vede costretta ha trascinarlo con sé nella serra per rimetterlo al proprio posto.

Ed è dal loro ingresso nella serra che si ricomincia oggi 😊

Edmund fu preso alla sprovvista. Miss Yates, la piccola, anonima Jane Yates, lo aveva trascinato quasi di peso oltre la soglia di un edificio spoglio e parco. Dentro regnava un calore insopportabile, che la faceva sudare dalla testa ai piedi, ma a lasciarlo completamente inebetito fu la vista che gli si parò davanti quando decise di affrontare la direttrice di Crossberry Park. Tra tavoli invasi da rampicanti, piantine e fiori, tra vasi di terra sporchi e sparpagliati un po’ ovunque sul pavimento, dove cesoie e palette sembrano essere stati abbandonati da poco, Edmund si ritrovò impalato a fissare il viso esile e arrossato di una donna pronta a esplodere. Aveva passato il segno. Se n’era reso conto nel momento in cui, nel giardino, aveva incrociato gli occhi verdi che negli ultimi due anni avevano reso la sua vita un vero inferno. Era pronto a sentirla urlare, si era persino preparato ai suoi insulti, ma si era detto che poi avrebbe potuto lasciarsi lei e il dannato Kent alle spalle senza rimpianti. Quello che non aveva previsto era di ritrovarsi da solo con lei, vederla schiumante di rabbia e, allo stesso tempo, desiderare di non essere in nessun altro luogo sulla terra. Perché Jane Yates, anonima direttrice di una scuola inglese, adesso sembrava una dea della guerra pronta a distruggerlo per aver osato mettere piede nel suo territorio. Non era più anonima, né insignificante; era la donna più bella che avesse mai visto. Quel pensiero assurdo lo riscosse. Si era fatto annebbiare dal profumo dei fiori e dalla sorpresa di trovare in lei una vena combattiva che non sospettava esistesse, ma ciò non avrebbe cambiato nulla. Crossberry Park divorava le sue donazioni senza dare nulla in cambio, perciò avrebbe messo fine a quello spreco dei suoi soldi e del suo tempo entro la fine dell’anno. Poco importava che non avrebbe più rivisto lo sguardo colmo di furia che lo stava facendo sentire vivo. «Che cosa diavolo le è preso?» Non aspettò una risposta. Entrambi sapevano bene cos’era accaduto e perché si erano ritrovati in quella specie di serra malmessa. Erano lì perché lei non poteva permettersi di insultarlo di fronte a tutti. Il suo tono duro e perentorio smosse qualcosa nella giovane donna che gli stava di fronte, perché la vide fare un passo avanti e puntargli l’indice al petto con un gesto secco. «Tu sei il più grande, il più incredibile stronzo menefreghista che io abbia mai avuto la sfortuna di incontrare! Sei senza scrupoli! Te ne stai dall’altra parte del mondo tutto l’anno, metti piede qui solo quando ne hai voglia e hai la pretesa di decidere cosa fare della vita di queste persone, senza nemmeno pensare alle conseguenze! Arrivi qui, con il tuo bell’aspetto, le tue regole e il tuo dannato piano finanziario senza considerare che qui non si tratta di far quadrati dei numeri, ma di permettere a dei ragazzi di crescere e crearsi un futuro. Tu non ci hai salvati dal fallimento. Sei dannoso per la nostra esistenza. Tu sei… Sei come gli anguillulidi Edmund si accorse di essere appena stato insultato non perché capì a cosa Miss Yates si stesse riferendo, ma perché lo stavo guardando in un modo tale da farlo sentire come in più orribile degli individui. «Sono cosa?» A quella domanda la donna sembrò perdere parte della sua rabbia. «Un anguillulide» ripeté e arrossì quando si accorse che, per la seconda volta, lui non aveva idea di cosa stesse parlando. «È un parassita delle piante. Si nutre di quelle più giovani fino a farle marcire» Perfetto. Lo vedeva come uno schifoso insetto pronto a cibarsi dei suoi studenti. Niente di più lontano dalla verità. Stupito da un tale confronto, Edmund si avvicinò a uno dei tavoli, passando delicatamente il dito su uno dei boccioli colorati che adornavano l’interno della struttura. Quella donna, che tanto si era data da fare per osteggiare i suoi metodi e che credeva che non gli importasse delle vite altrui, si prendeva cura di quei fiori e degli studenti come meglio poteva. Non aveva grandi possibilità, né per gli uni né per gli altri visto lo stato in cui versavano, eppure non si lasciava abbattere dalle difficoltà. Neppure dai suoi resoconti trimestrali e dalle mail che le inviava. Servivano a ricordarle che spettava a lui decidere quali spese fossero necessarie e quali no. In quei due anni gliene aveva inviate parecchie. Però Jane Yates era ancora lì. Se avesse dovuto riconoscerle un merito, sarebbe stato quello. Era resiliente, proprio come lo era lui. «Come si chiama?» La sua domanda la colpì e stordì al tempo stesso. Fu evidente dallo sguardo confuso che gli lanciò, prima di capire che parlava del fiore e avvicinarsi. Fianco a fianco, la osservò con attenzione, passando in rassegna i suoi lineamenti e le gote arrossate, segno di un disagio che gli procurò una curiosa soddisfazione. Stava iniziando a piacergli quel lato suscettibile del suo carattere, lei che non sembrava mai perdere la pazienza. Gli piaceva essere colui che riusciva a scatenarlo. «È un alstroemeria. Alcuni lo conoscono come giglio degli Incas. Questo, però, è un ibrido abbastanza raro che ho coltivato con i ragazzi» allontanò il vaso dalle sue mani con un gesto secco. «È un fiore estremamente delicato» «Così sembrava» Edmund non guardava il fiore, non più. I suoi petali candidi e striati di sfumature cremisi avevano perso ogni attrattiva nel momento in cui lei era arrivata a un passo da lui. Averlo trascinato con sé aveva allentato la treccia corvina di Miss Yates, liberando alcune ciocche lungo il suo profilo e tentandolo per sistemargliele, solo per avere una scusa di cancellare anche l’ultima distanza tra loro. Ritirò la mano, serrandola per impedirsi di toccarla. Sarebbe morto piuttosto che commettere una sciocchezza simile. Non importava quanto sembrasse eterea e splendida in quel momento; Jane Yates era la sua nemesi, l’ultima e unica difficoltà da sistemare per riavere indietro la sua vita. «Non permetterò che tu chiuda l’Accademia» proseguì senza guardarlo, del tutto ignara di ciò che gli passava per la testa. «Crossberry Park accoglie studenti da quasi trecento anni e non lascerò questi ragazzi in balìa delle tue assurde pretese economiche, né ti permetterò di cacciarci. Fosse l’ultima cosa che faccio come direttrice» Quando alzò il viso nella sua direzione, Edmund non riuscì a trovare le parole per contraddirla. Quelle iridi verdi brillavano con un’intensità fuori dal comune, trafiggendolo nel profondo e mettendo a dura prova la sua proverbiale intransigenza. La sua sicurezza non vacillava, perché sapeva cosa fosse meglio fare per evitare un fallimento, e lo stesso non riusciva a stroncare la fiducia di quella donna. Tutti e due erano pienamente consapevoli del buco nero nelle finanze di Crossberry Park, era innegabile quanto fosse disperata la situazione di quella scuola. Edmund sentiva le parole premergli sulle labbra, sufficienti a metterla di fronte all’evidente tracollo del suo progetto ancora prima di iniziare, eppure l’idea di cancellare quella determinazione dal suo viso gli lasciava l’amaro in bocca. Non voleva vederla delusa. Sentiva uno strano peso sul petto immaginando i suoi occhi tristi, distrutti dalla fine del sogno di vedere quei ragazzi prosperare e crescere grazie all’Accademia. Capì di non voler essere lui il responsabile della fine di Jane Yates, indipendentemente da quello che gli sarebbe costato. «Questa serra non è tenuta benissimo» commentò alla fine, sostenendo l’immediato sguardo in cagnesco di lei. «Ma mi aspettavo di peggio» «Grazie, suppongo» Il tono caustico gli strappò un sorriso, ma lo cancellò subito. Non doveva lasciarsi intenerire, poco importava quanto trovasse esilarante pungolarla. Stava per mettere un freno alla sua esuberanza, perciò doveva mantenere un contegno. «Anche se è fatiscente all’esterno. Mi chiedo come faccia a non crollare» lei masticò un insulto che riuscì a sentire solo in parte, ma vide bene il fuoco omicida che la infiammò. «Ciò nonostante, i fiori sono splendidi» Si mise a camminare per la serra, passando in rassegna le diverse piante che ospitava. Ce n’erano di diverse, tutte molto colorate, ed Edmund si sorprese nel trovarle interessanti. Ne aveva sempre ignorato l’attrattiva, non capendo come quella regione potesse essere diventata famosa per i suoi festival floreali. In quel momento ne comprese la ragione. «Ho sempre pensato che il Kent fosse il mio inferno personale, a maggior ragione da quando ho ereditato questo posto» «Beh scusa se fatico a…» «Jane» la interruppe Edmund con fermezza, chiamandola per nome per la prima volta in due anni. Gli aveva dato dello stronzo, perciò poteva tralasciare le formalità. «Lasciami finire. Poi potrai insultarmi quanto vuoi» La donna si zittì, intrecciando le braccia al petto in un movimento secco. Le labbra rosee erano tirate in una linea rigida e scontenta, tuttavia se ne stettero chiuse. Gli diede fastidio quella specie di smorfia. Quella megera lo stava plagiando e nemmeno si degnava di esserne soddisfatta. Certo, lei ancora non ne aveva idea, eppure pensò che avrebbe potuto dimostrarsi meno ostile. «Alla fine del prossimo anno scolastico, Crossberry Park chiuderà» l’ammonì con un’occhiataccia quando provò a protestare. «Succederà, che io continui a finanziare questo posto oppure no, e lo sappiamo entrambi. Io lavoro con i numeri e so riconoscere un fallimento quando ne incrocio uno» lo stomaco di Edmund si contrasse vedendola abbassare le spalle di colpo, abbattute dal peso della verità. «Però puoi provare a dimostrarmi che la tua visione e la mia possono coesistere» «Cosa?!» spalancò gli occhi, scioccata dalle sue parole. «Come?» Edmund sospirò pesantemente, preparandosi a correre il rischio più grosso della sua carriera. «Ci sono più di cento show ed eventi floreali che vengono organizzati ogni anno, in ogni angolo del Kent, e per alcuni sono previsti dei premi in denaro e riconoscimenti, se si presenta una varietà molto rara. Se tu e i ragazzi riuscirete a partecipare ad almeno dieci di quelli, io creerò una campagna pubblicitaria per far conoscere le eccellenze di Crossberry Park» «Quali eccellenze?» Jane seguì lo sguardo di Edmund per la serra e la sentì trattenere il respiro. «I nostri fiori?!» «Esattamente. Trasforma questa serra sgangherata in un’attività. Gestiscila con i ragazzi, se preferisci, ma se vuoi che l’Accademia resti aperta, questa è l’unica possibilità che ti concedo, l’ultima. Se non funzionerà, chiuderò e venderò la tenuta» Miss Yates abbracciò l’intera stanza con gli occhi velati di incertezza e preoccupazione. Assistere a quel momento lo fece sentire un bastardo senza cuore, perché lei stava di certo considerando le vite di chi a Crossberry Park ci viveva e sperava di continuare a viverci. Però era anche un uomo d’affari e non poteva permettersi di cedere, nemmeno per la bella e interessante miss Jane Yates. «Perché?» Perché mi piace vederti così agguerrita. Si schiarì la voce, facendo a brandelli quel pensiero incoerente e recuperando un certo distacco. Doveva uscire e allontanarsi da quella gabbia di matti prima di esserne contagiato. Se non smetteva di trovare carina e desiderabile quella donna, di certo sarebbe impazzito anche lui. Già pensava di esserci pericolosamente vicino. «Perché se è vero che so riconoscere i fallimenti, so anche capire quando un affare può diventare vantaggioso» infilò le mani in tasca, resistendo all’impulso di cancellare la ruga scettica in mezzo alla sua fronte. «Spero di non sbagliarmi» La lasciò lì, da sola. Percorse la strada a ritroso verso l’edificio principale come se avesse il diavolo alle calcagna, invece di una anonima giovane donna. Doveva andarsene da Crossberry Park. No, dal Kent. Meglio ancora, se ne sarebbe andato dall’Inghilterra per tornare a Washington. Laggiù stava bene, lontano da ogni problema che il suo passato gli aveva propinato sotto forma di una scuola e di una direttrice non poi così insignificante. Non sarebbe rimasto un giorno di più. Né avrebbe ripensato alla visione che aveva avvolto Miss Yates. Se ne sarebbe dimenticato, anche se aveva l’impressione che sarebbe stato più difficile del previsto. Incredibilmente più difficile.

Spero che la continuazione della storia vi sia piaciuta! Personalmente mi piacciono molto questi due personaggi, ma io sono un po’ di parte ovviamente 😉 Fatemi sapere, soprattutto in caso qualcosa che vi non abbia convinto!

Grazie per essere stati con me e per essere passati a conoscere Jane ed Edmund!

Alla prossima Federica 💋

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